C’è stato un periodo, denso e velocissimo, in cui ho lavorato alla comunicazione online di un Grande Artista.
Ricordo ancora l’elenco di cose che si era prescritto per preservarsi al meglio e non compromettere la salute, il fisico, il palco: allenati tutti i giorni, non fare tardi la sera, non mangiare dolci né cibi troppo pesanti, non bere alcolici e rinuncia al riposo notturno solo per impegni davvero importanti.
All’epoca io non avevo ancora trent’anni e pensavo che giornate così fossero troppo solitarie, piene di privazioni, anche un po’ tristi.
Oggi che ne ho 42 – li faccio proprio oggi, è il mio compleanno – penso che avesse ragione lui.
Da ragazzina credevo che il teatro mi avesse insegnato tutto sull’autodisciplina, poi sono diventata prima madre e poi partita iva.
Questa fase esistenziale la riassumo così: non posso prendermi cura delle altre persone, nella vita e nel lavoro, se non mi prendo prima cura di me. Per funzionare devo stare meglio che posso, tutte le volte che posso.
Devo conoscermi in modo approfondito, sapere cosa mi resta sullo stomaco e cosa mi fa dormire bene, cosa mi fa scattare e cosa mi calma, cosa mi ispira e cosa mi spegne. Devo osservarmi, ascoltarmi, non complicarmi le cose. Devo chiedere aiuto, dire molti no, fare molti respironi.
Le mie regole non sono fatte di pietra, ma di polvere e calcinacci; io sono un cantiere, non una statua: possono cambiare loro, posso cambiare io. Non solo: la vita può mettersi in mezzo tutte le volte che vuole per scombinare i piani e fare coriandoli con colori del Calendar.
Gli ultimi anni mi stanno allenando ad accettare l’imprevedibilità, a stare nel cambiamento e a trovare un piano B/C/D/Z sempre più al volo.
Adesso vorrei provare a far diventare più forte anche il corpo, non solo la testa. È questo il regalo che vorrei farmi per il futuro: invecchiare avendo sempre più cura di me.
Progetti che ho sbrinato
è blog letterario collettivo che ogni due mesi ci regala un numero a tema: lo conosco da quando era solo un’idea di Pamela Frani, è stato uno dei primi progetti che ho aiutato a diventare realtà.L’uscita di giugno la sento molto vicina per due motivi: perché parla di stanchezza/burnout in un modo che mi tocca molto e perché contiene i preziosi contributi di
e Federica Scaltriti, altre due persone che ho aiutato a fare un pezzo di strada e che ora sono molto felice di veder collaborare.Compiti per l’estate
Da Il fuoco che ti porti dentro di Antonio Franchini:
«Il terrazzo di zia Anna mi appare misterioso perché ha un impiantito irregolare, ricoperto di asfalto che lo rende simile a una strada con avvallamenti e gobbe, e le piante che lo circondano sono inselvatichite e nascondono tesori. Un giorno dopo la pioggia le trovo invase dalle lumache. Passo un pomeriggio intero a raccoglierle ed è un pomeriggio che mi rimane impresso come l’epifania di una manna biblica. Da allora, quando entro in quella casa è subito sul terrazzo che voglio uscire, perché è un luogo disabitato – zia Anna non ci va mai – e sempre ci scopro qualcosa, da palle e soldatini caduti dai piani alti a inverosimili insetti padroni indisturbati del territorio».
Com’è fatto il tuo posto preferito? È reale o immaginario? Puoi tornarci? Facci caso.
E poi: trovi un mio esercizio di fantastica nel Lunario del secondo semestre di
.E adesso… titoli di coda
Sono Valentina Aversano, project strategist che sbrina aziende e freelance e ti aiuta a comunicare meglio, senza andare in burnout.
Come posso aiutarti? Parliamone: raccontami tutto a scrivi@valentinaaversano.it e organizzo una chiacchierata per conoscerci. Ti rispondo fino al 18 luglio, poi metto l’out of office.
Posta creativa si prende una pausa e torna da te domenica 25 agosto: ti è piaciuta questa puntata? Fammi un regalo: usa il magico bottone qui sotto e girala a una persona che dovrebbe proprio scoprirla
Auguriii! Che bella questa puntata! Grazie per il regalo che ti sei fatta e che ci hai fatto💕
Ma buon compleanno!! 🌞