Perché dovresti proprio avere un progetto
o un hobby, un interesse, uno spazio che sia solo tuo
Eccomi con una nuova puntata di Posta creativa. Cose che sono successe nel frattempo: Ludovica Passeri di SkyTg24 mi ha intervistata sul progetto 4 Biblioteche che ho curato per Sapere Digitale nel duplice ruolo di tutor e di Alessandro Borghese della cultura.
Come riprendersi centimetri di libertà con la creatività
È il 3 aprile 2020, siamo in casa da un mese e da un mese parliamo solo di zone rosse, mascherine e gel disinfettante.
Qualche giorno prima, il 20 marzo, ho scritto sul quaderno:
Non è facile stare in casa con le notizie che si rincorrono sempre più tragiche. Tenere a bada l’ansia, intrattenere A. e ritagliarsi spazi per respirare è difficilissimo. Però bisogna provare a trasformare tutto questo.
Almeno un po’.
Perché cambierà tutto, è già cambiato tutto. Ci vorrà ancora moltissimo tempo per tornare alla vita fuori: le idee, i progetti possono essere un modo per vivere meglio l’attesa.
E poi: chissà se avrò ancora un lavoro, dopo.
Quindi: voglio tenere la testa allenata, voglio sognare cose diverse.
In quel periodo tengo un diario vocale, provo a far andare la testa, ma mi sembra di muovermi a scatti, col pilota automatico. Niente mi dà davvero sollievo, nemmeno i libri.
Poi succede che incontro Big Magic di Elizabeth Gilbert.
Trovo l’ebook in inglese in offerta, lo leggo e dentro di me si sbloccano molte serrature e si spalancano molti cassetti, più di quelli di cui mi rendo conto in quel momento.
Quel 3 aprile 2020 riprendo in mano il quaderno e scrivo: Idee post Big Magic. I punti di quella lista sono:
divertirsi creando
è l’atto di creare/immaginare la vera gioia
fallo per te
accogliere le idee
fai quello che ti rende felice
fatti portare dalla curiosità
Poi più sotto, subito dopo una traccia per un format di interviste, aggiungo: i social non sono il contenuto, non sono il momento creativo, sono solo un riflesso.
E da lì riparto, dal blog, dalla newsletter e da pagine e pagine di questo quaderno che si riempie di spunti, mappe e desideri.
Quello che immagino nella primavera 2020 non si realizza subito, anzi. Molte di quelle idee non si sono realizzate ancora, ma riuscire a buttarle giù e fare esperimenti diventa un modo per progettare anche pezzi di me, capire quello che mi muove e chi voglio essere.
Esploro, appunto, imparo e inizio a dirmi delle cose.
Che non sono il mio lavoro, che lo sono diventata perché gli ho dato ogni centimetro del mio spazio vitale, perché pensavo che fosse giusto così, che fossi felice così. Che ci sono altri pensieri, altre idee, che voglio portare avanti, nutrire, far crescere. E che quando lo faccio, quando sto in quei millimetri che piano piano recupero, mi sento libera. Sono me. Non un titolo su un biglietto da visita, non un pezzo della catena alimentare editoriale, ma me. E che in questa me convivono molti strati che non posso e non voglio smettere di scoprire.
Avere un progetto personale, un hobby, un interesse, non vuol dire stiparsi le giornate di cose, riempirle fino all’orlo sperando di svoltare, diventare virale, di risolvere per incanto tutte le frustrazioni o di crearsene di nuove perché si investe tutto su un piano B o sul fare come fanno le altre persone.
Io credo nei progetti e nelle passioni come spazi di autodeterminazione, in cui ti stacchi di dosso le etichette sociali e professionali e ti dai il permesso di fare quello che ti va, come ti va, in libertà. Di immergerti in qualcosa che ti piace senza vergognartene o sminuirti.
Se sei donna, poi, questa libertà vale il doppio, va incoraggiata e va difesa. Io spero sia anche contagiosa.
Altri spunti:
Progetti che ho sbrinato
Sta per partire
, la newsletter mensile di Domitilla Pirro. È stato molto emozionante poter lavorare con una delle mie autrici preferite, entrare nel suo laboratorio e ragionare insieme.Di cosa parlerà? «Scrittura, linguaggio e identità. E mostri, naturalmente».
Un progetto così, portato avanti da una scrittrice italiana, non esisteva ancora. Non vedo l’ora che la legga anche tu.
Compiti per la settimana
Scrive Joan Didion in Perché scrivo, tradotto da Sara Sullam:
«Ed era tutto lì, galleggiava sulla collina, sotto gli occhi di ogni bambino. Io in realtà lo vidi solo tre o quattro volte, ma ne sentii parlare, lo ricordavo, e San Simeon era un’idea dell’immaginazione che mi toccava, dava forma alla mia, di immaginazione, nel modo in cui tutti i bambini vengono plasmati dalla geografia reale ed emotiva del luogo in cui crescono, dalle storie che vengono loro raccontate e da quelle che inventano».
Com’è fatta la mappa dei tuoi luoghi d’infanzia, reali e immaginari? Se dovessi disegnarla, come sarebbe? Facci caso.
Domande creative: mi mandi la tua?
Una volta al mese rispondo alle domande su abitudini o routine creative, ispirazioni, idee, scrittura, progetti e tutto quello che li fa bloccare o funzionare. Vuoi scrivermi anche tu?
Sono Valentina Aversano, project strategist che sbrina idee e fa succedere le cose. Poi leggo e rido con
. Mi trovi su Instagram, LinkedIn e molto presto anche su un sito tutto nuovo.Posta creativa torna da te domenica prossima.
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Grazie sempre a Ottavia Baldi per le bellissime illustrazioni
Concordo! A me Big Magic l'ha passato la Lola, la mia mentore col nome da flamenca ❤️💛 la cosa che mi è più rimasta, di quel libro, è che non servono permessi: non dobbiamo chiedere permesso a nessuno per quello che facciamo di creativo.
Non serve avere un master in scrittura creativa o giornalismo -- certo che studiare aiuta, ma non averlo fatto non deve diventare un blocco o una scusa.
Io trovo che le persone con più dubbi sulle proprie capacità spesso sono quelle che farebbero meglio, se incanalassero meglio quelle energie.
Io ho iniziato la mia newsletter proprio perché non volevo più fare *solo* cose utili, dicendomi, mi serve spazio di respiro, e pure se mi leggono solo i miei amici, va bene, perché sono loro a chiedermi consigli di libri e podcast di continuo. E niente, è come avere una specie di valvola di sfogo per l'omino del cervello, è bellissimo 😅 viva i progetti a latere!
Sante parole. Sai però che a me è successo proprio il contrario? Le persone (e di conseguenza io) hanno cominciato a identificarmi con il mio hobby, ed è una cosa che a un certo punto mi ha pesato e me ne ha fatto prendere le distanze, con molto dispiacere. Solo a posteriori ho capito che il mio spazio di creatività non era qualcosa che per forza di cose mi definiva a tutto tondo, e se per gli altri era così, non dovevo farmene un problema io. E me ne sono riappropriato.